Lo studio FRAIL-AF, pubblicato su Circulation, è stato da subito citato come uno di quelli che ha disatteso i risultati attesi.
Quando i pazienti sono diversi dai soggetti dei trial
Lo studio FRAIL-AF, presentato all’ultimo congresso della Società Europea di Cardiologia e, nello stesso periodo, pubblicato su Circulation, è stato da subito citato come uno di quelli che ha disatteso i risultati attesi.
Lo studio ha incluso 1400 pazienti con fibrillazione atriale, con un’età media di 83 anni e con uno score di rischio cardio-embolico CHA2ds2-vasc di 4, tutti in terapia con warfarin. Il dato peculiare era che tutti pazienti presentavano una diagnosi di fragilità, intesa quantitativamente come un indice di Groningen maggiore o uguale a 3, e qualitativamente come la presenza di dipendenza da altri, ridotta capacità di reagire a fattori di stress di varia natura e elevata presenza di comorbilità.
I pazienti sono stati randomizzati a continuare la terapia anticoagulante con warfarin oppure a passare ad una terapia con uno qualsiasi degli anticoagulanti orali diretti (AOD).
Nonostante ci si attendesse che i risultati replicassero quelli riscontrati in altri studi, ovvero dimostrando un vantaggio degli AOD, lo studio è stato interrotto precocemente per il riscontro di un aumento rilevante delle emorragie maggiori (end point primario) nel gruppo che assumeva gli anticoagulanti orali diretti vs warfarin (15,3% vs 9,4%), a fronte di una differenza non significativa degli eventi trombotici.
I risultati dello studio invitano a non dare per scontata – come spesso accade – la trasposizione in persone anziane e fragili di evidenze ricavate da popolazioni di età non avanzata e senza elementi di fragilità.